

"L'Europa non cade dal cielo!"
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Come si definisce l`idea di Europa e, di conseguenza, l`idea di identità europea?
Chabod, nella sua “Storia dell’idea di Europa”, ripercorre le tappe del lungo cammino che, dalla Grecia classica all’Ottocento, ha portato alla nascita e allo sviluppo dell‘idea di Europa intesa come coscienza dell’appartenenza a un insieme che non è solo territoriale o politico ma soprattutto culturale. Tale idea nasce sulla base della contrapposizione agli “altri”, individuati, di volta in volta, nei persiani, negli sciiti, nei barbari, nei turchi. Alla radice di tale plurisecolare contrapposizione c’è essenzialmente un problema di civiltà, che opponeva popoli abituati a vivere nella tirannide e nel dispotismo, come quelli asiatici, a popoli governati, invece, da regimi repubblicani.
Ulrick Beck, noto sociologo tedesco autore di libri di successo quali “Che cos’è la globalizzazione?”e “La società cosmopolita”, rigetta completamente la possibilità di una definizione dell`identità in base a ciò che non si è, in base all`idea dell`”altro da sé”.
L`altro, secondo Beck, non é diverso da noi, non è accanto a noi, bensì in noi e non può essere escluso.
Questa è la “colpa” dell`Europa: è autoreferenziale, parla troppo di se stessa ma non abbastanza dei suoi cittadini – e con i suoi cittadini.
Fatta l`Europa, non si sono fatti gli Europei: ci si aspettava quasi che tale processo avvenisse in automatico – ma non è successo. Il problema fondamentale, continua Beck, è che non si è guardato alla creazione di un’identità europea da una prospettiva cosmopolita, bensi utilizzando le categorie del “nazionalismo metodico”, che definiscono l`identita dell`individuo basandosi su categorie del tipo “o….o…”. Infatti, in base all’immagine dello sguardo nazionale la cultura viene intesa come unità territorialmente delimitata, introvertita; tra le culture domina il silenzio, e ciò porta al cosiddetto clash of civilisations, allo scontro di civiltà.
Al contrario, il cosmopolitismo metodologico pensa e studia la dimensione sociale e quella politica servendosi di categorie del tipo “sia… sia”. Adottando un`ottica cosmopolita in un mondo di crisi globali e di pericoli generati dal progresso, le vecchie distinzioni – tra dentro e fuori, nazionale e internazionale, noi e gli altri – perdono il loro carattere vincolante. Pertanto, per sopravvivere c’è bisogno di un nuovo realismo, un realismo cosmopolita.
In sostanza, non si può tentare di comprendere l`UE da un punto di vista prettamente nazionale. Se l`UE viene intesa come somma di società nazionali, cos’è la società europea?
Risulta dunque chiaro che l`Europa non possa esistere al di fuori dei Paesi membri: esiste all`interno degli stessi e dei cittadini europei. Il paradosso più palese, continua Beck, è che l`UE potrebbe costituire un`arena di discussione dove gli interessi dei singoli Stati potrebbero essere portati avanti in maniera migliore e più approfondita. Non bisogna pensare all`UE come uno “Stato mancato”, come una “nazione incompleta”, né si deve avere paura che possa sfociare nella creazione di un “super-Stato”: dalle ceneri delle nazioni, pari ad un`araba fenice, deve nascere un`Europa cosmopolita, il cui processo di integrazione non deve passare tramite l`eliminazione delle differenze: queste ultime non sono il problema, bensì la soluzione.
MOVIMENTO FEDERALISTA EUROPEOInvito alla giornata di seminario
Unione Europea :
le politiche nello specchio delle rispettive contabilità pubbliche
Lunedì 28 marzo 2011, ore 9,30 – 19
Senato della Repubblica
Sala Bologna, Via di S. Chiara, 4/A
Roma
“ Siamo tutti consapevoli che il processo di consolidamento dell’ Unione europea, per giungere a conclusione, dovrà affrontare ancora non poche difficoltà : politiche e tecniche.
Questo seminario asseconda la necessità di dibattito su un tema, solo apparentemente minore, che, senza clamore, è già stato proposto all’opinione pubblica: la necessità che il linguaggio delle contabilità pubbliche dei paesi dell’Unione, sia in ampia misura consimile e comunque tale da renderle comparabili.
Tale intento potrà essere infatti conseguito se, preliminarmente, le contabilità pubbliche dimetteranno i criteri del sistema di cassa per assumere quelli della competenza: nella duplice accezione della corrispondenza temporale e della omogeneità degli aggregati delle voci più significative e immediatamente percepibili dalla pubblica opinione tutta.
Ne potranno risultare chiarezza e comparabilità dei bilanci europei delle rispettive comunità nazionali e locali : liquidità, investimenti, manutenzioni, cultura, spese sociali, stipendi…..
Tale sforzo di elaborazione, ”last but not least”, potrà comunque giovare ad avvicinare i cittadini alla, tuttora lontana, realtà della “casa di vetro” che è la categoria fondante di una autentica democrazia comunitaria.”
Dopo il saluto della sezione “Altiero Spinelli” del Movimento Federalista Europeo, nelle persone di Maria Teresa Di Bella e Paolo Acunzo ( rispettivamente Presidente e Segretario del MFE Roma ) , con l’ illustrazione delle motivazioni che hanno ispirato l’iniziativa, intesa come prima tappa di un discorso che continuerà, i lavori saranno introdotti e approfonditi, in sequenza e con i contributi del pubblico presente, dai docenti della materia :
Stefano Pozzoli ( prof. “ Ragioneria generale “ Univ. Parthenope, Napoli )
Francesco Ranalli ( prof. “ Contabilità pubblica “ Univ di Tor Vergata , Roma )
Umberto Triulzi ( prof. “ Politiche economiche europee” Univ. Sapienza, Roma )
I lavori, coordinati dal dott. Pierluigi Sorti, adotteranno un modulo temporale elastico e, con interruzione, per un buffet, intorno alle ore 13 , proseguiranno fino alle ore 19.
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Dopo la caduta dei regimi fascisti nell’Europa mediterranea, in America latina e in Asia e di quelli comunisti nella grande regione che per cinquant’anni è stata soggetta al dominio dell’Unione Sovietica, ora è giunto il momento del risveglio dei popoli arabi. Quella che Huntington ha chiamato la “terza ondata” del processo di democratizzazione, cominciata nel 1974 con la rivoluzione portoghese, non si è dunque esaurita.
I governi dell’Unione europea e degli Stati Uniti sono stati colti di sorpresa dal moto spontaneo della masse popolari che hanno invaso le piazze delle città dell’Africa del nord e del Medio Oriente. In nome della stabilità internazionale essi hanno appoggiato fino all’ultimo i vecchi e cadenti regimi oppressivi e corrotti di Tunisia ed Egitto e ne hanno accolto la caduta con disappunto. I governi dell’UE, e purtroppo anche il Parlamento europeo, non hanno trovato parole né formulato proposte politiche per intervenire sul grandioso movimento di liberazione in corso. Il sistema internazionale, con il declino dell’influenza degli Stati Uniti e l’assenza dell’Europa non sembra avere le risorse economiche e di potere né la visione politica per influire positivamente sugli avvenimenti in corso e per aiutare e orientare la transizione alla democrazia.
È sconfortante osservare come i dirigenti politici europei percepiscano il movimento dei popoli che si vogliono liberare dall’oppressione dei loro governi solo in termini di sicurezza e propongano solo di inviare poliziotti a presidiare le coste. È questa l’Europa che non vogliamo: l’Europa fortezza che si chiude in se stessa, che esibisce il volto odioso della xenofobia, che esclude la Turchia perché islamica, che in nome della religione cristiana rappresenta il proprio Dio con le fattezze dell’uomo occidentale. Il progetto dell’Unione per il Mediterraneo (2008) che doveva approfondire il Partenariato euro-mediterraneo (1995) è fallito. La riunione dei governi di questa associazione, prevista per lo scorso dicembre, non si è tenuta. L’area di libero scambio progettata per il 2010 non si è realizzata, né i governi europei hanno onorato l’impegno a interrompere la cooperazione economica con i paesi della sponda meridionale del Mediterraneo che non rispettano i diritti umani.
Va rilevato che lo schema dell’allargamento, adottato per i paesi dell’Europa centro-orientale, e della loro inclusione nell’UE non può essere riprodotto per il Nord Africa e il Medio Oriente. Questa regione è la sede di un’organizzazione internazionale – la Lega araba –, la quale è il potenziale veicolo di un processo di integrazione regionale, che dovrebbe includere anche Israele. Purtroppo l’integrazione è di là da venire. Se consideriamo il Maghreb, solo l’1-2% del commercio estero di questi paesi si sviluppa all’interno della regione. Eppure la Commissione per l’Africa dell’ONU valuta che l’integrazione economica del Maghreb consentirebbe di aumentare del 5% il PIL della regione. L’UE, che ha continuato a tenere rapporti bilaterali con il Nord Africa, avrebbe potuto incoraggiare l’integrazione regionale, come hanno fatto gli Stati Uniti con l’Europa quando hanno lanciato il Piano Marshall, condizionando l’erogazione degli aiuti alla formulazione di un piano di ricostruzione concertato in comune.
Lo spauracchio dell’estremismo islamico, agitato dai governi dell’Occidente per giustificare il sostegno ai regimi autoritari, appartiene a una logica del passato, che non tiene conto dello sviluppo economico, della modernizzazione sociale e della secolarizzazione in corso nella regione. La diffusione dell’istruzione soprattutto tra le giovani generazioni e la diminuzione del tasso di natalità, che è una conseguenza della crescita dell’istruzione delle donne, hanno avvicinato queste popolazioni ai valori di libertà e uguaglianza tipici delle società più sviluppate. Queste sono le condizioni oggettive che hanno fatto emergere una società civile e il pluralismo. Il fondamentalismo islamico è una corrente reazionaria che vuole contrastare questa tendenza. E infatti esso sembra essere il principale sconfitto nella rivoluzione in corso. All’avanguardia del movimento ci sono i giovani, i quali, malgrado la buona istruzione, sono penalizzati dall’esclusione dal mercato del lavoro. Essi hanno usato i nuovi mezzi di comunicazione ai fini della mobilitazione, sostituendosi ai partiti e alle altre organizzazioni della politica tradizionale. Ciò che colpisce in questo movimento è la mancanza di leaders nel senso tradizionale della parola. La figura di leader dei tempi nuovi è l’egiziano Wael Ghonim, un funzionario di Google.
Le inconsuete dimensioni della rivoluzione mostrano che il mutamento economico e sociale, sviluppatosi sull’onda della globalizzazione, richiede in modo imperativo cambiamenti politici e istituzionali. Qui sta il mistero che la “vista corta” delle élites politiche dell’Occidente non ha saputo penetrare. Non era un mistero per Emmanuel Todd, il quale dieci anni fa (nel libro Après l’empire) aveva diagnosticato il passaggio alla modernità del mondo islamico e aveva previsto il cambio istituzionale.
Va notato che gli anelli deboli del mondo arabo, dove è cominciato il crollo dei vecchi regimi – la Tunisia e l’Egitto – sono paesi privi di petrolio. Invece i paesi produttori di petrolio hanno risorse per promuovere il consenso tramite la concessione di servizi gratuiti alla popolazione (acqua, elettricità, istruzione ecc.). E infatti questi ultimi hanno mostrato una maggiore resistenza al contagio del movimento rivoluzionario.
La polizia in Tunisia e l’esercito in Egitto hanno il merito di avere favorito la caduta delle dittature senza un bagno di sangue, che purtroppo si preannuncia come un’eventualità per altri paesi. L’immensa piazza Tahrir del Cairo, dove si è riunito il popolo che ha determinato la caduta di Mubarak, non è stata una nuova piazza Tienanmen. Va notato che i militari hanno svolto un ruolo progressista in altre occasioni, a cominciare dal colpo di stato di Nasser, che nel 1952 spodestò re Faruk. Quando, dopo la rivoluzione khomeinista in Iran (1979), le elezioni aprirono la strada all’affermazione dei principi della repubblica islamica prima in Turchia, poi in Algeria, furono ancora i militari che impedirono l’affermazione dell’integralismo islamico. In tutto il mondo arabo sono le forze armate l’unica struttura che può guidare la transizione alla democrazia, con tutti i rischi che ciò comporta. Per molti anni sui popoli arabi incomberà il rischio che la democrazia possa ridursi a un’istituzione di facciata e che il potere reale resti nelle mani dei generali, come mostra il caso del Pakistan. D’altra parte, va sottolineato che, se i militari turchi hanno ceduto il potere, lo si deve soprattutto alle pressioni che l’UE ha esercitato nel corso dei negoziati per l’adesione della Turchia.
Gli esempi sopra ricordati provano che le elezioni sono una condizione necessaria ma non sufficiente della democrazia. La transizione alla democrazia sarà un percorso lungo e irto di insidie. Tanti anni di governi autoritari hanno distrutto (o non hanno permesso che si formassero) le strutture associative essenziali perché le elezioni possano aprire la strada a un governo democratico: partiti politici, sindacati indipendenti, associazioni della società civile. La transizione avrà successo se saranno elaborate le norme costituzionali che assicurino la formazione di uno spazio pubblico dove il dibattito politico e la selezione dei leaders possano avvenire in modo libero e trasparente.
Su queste basi potrà risorgere il panarabismo all’insegna della solidarietà tra popoli che hanno scelto la libertà e la vogliono difendere costruendo istituzioni comuni e avviando un processo federativo in seno alla Lega araba.
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Il Movimento federalista europeo saluta con soddisfazione la decisione di un grande quotidiano come il ”Corriere della Sera” di inserire il Manifesto di Ventotene tra i ”Classici del Pensiero libero”.
Era il 1941 quando uno sparuto gruppo di confinati antifascisti decise di scrivere il documento Per un’Europa libera e unita. Progetto d’un manifesto. Quel documento e’ diventato il testo forse piu’ simbolico, profetico e innovativo della Resistenza italiana ed europea. Oggi lo conosciamo come Manifesto di Ventotene.
I due autori , Ernesto Rossi e Altiero Spinelli, provenivano da storie ed esperienze diverse. Giovane comunista Altiero Spinelli, che nei dieci anni di carcere aveva maturato la decisione di allontanarsi dal partito comunista, dal quale fu espulso nel 1938. Un simbolo per l’antifascismo democratico Ernesto Rossi, figlio spirituale di Gaetano Salvemini, allievo di Luigi Einaudi, fondatore con Riccardo Bauer e Ferruccio Parri della colonna italiana di ”Giustizia e Liberta”’. I due, insieme con Eugenio Colorni che scrisse poi la Prefazione del Manifesto, scelsero la strada difficile dell’anticonformismo intellettuale, cominciando a riflettere sulla situazione internazionale, sulle caratteristiche del totalitarismo, sulla storia europea in un periodo in cui il nazifascismo sembrava stesse vincendo la guerra.
Essi abbandonano il sistema tolemaico degli stati nazionali sovrani. Invece di accettare come normale cio’ che la storia d’Europa offriva quale forma ‘naturale’ di organizzazione delle nazioni europee, scelgono la via copernicana: osservare il sistema dall’esterno, trovarlo limitato, proporre una soluzione diversa. Per i federalisti di Ventotene, lo stato nazionale sovrano e’ giunto a una svolta tragica: ha fallito il suo compito storico di tutelare e proteggere la vita dei suoi cittadini, si e’ trasformato in un moloch avido di conquiste e sterile politicamente e idealmente. L’unico modo per conservare la civilta’ europea, che pure si e’ sviluppata grazie allo stato nazionale, e’ che lo stato ceda una parte della sua sovranita’, quella relativa alla difesa, alle relazioni esterne, alla politica economica e alla moneta, e accetti di diventare parte di una federazione continentale.
Quell’idea, accolta con diffidenza e scetticismo da quasi tutte le forze antifasciste (fecero eccezione il Partito d’Azione e alcuni settori della nascente Democrazia Cristiana) ha continuato per tutti gli anni del secondo dopoguerra ad animare il dibattito culturale e politico, non solo italiano.
E’ grazie ai federalisti se l’Italia ha saputo giocare nel corso degli anni Cinquanta un ruolo di guida e di proposta in seno al gruppo dei Sei Paesi fondatori; e’ ancora grazie a Spinelli ed ai federalisti se il dibattito sulla riforma delle istituzioni comunitarie avviato dal Parlamento europeo nel corso degli anni Ottanta si e’ incentrato su parole d’ordine federaliste e su concetti, come la sussidiarieta’, che assumono un significato nuovo quando interpretati alla luce del federalismo europeo.
Il Manifesto di Ventotene puo’ essere interpretato e inteso come un libro dei sogni, ma certo molte delle sue intuizioni oggi sono diventate un’opzione nello sviluppo dell’Unione europea.
Il Manifesto ha 70 anni, ma non ha perso nulla della sua attualita’ e del suo peso come ideale promemoria per l’Europa del terzo millennio, perche’ – come amava dire Spinelli – ”la forza dell’idea europea sta nella capacita’ di risorgere dalle sue ceneri”.
Lo dimostra anche la recente nascita di un ”Gruppo Spinelli” ad opera di alcuni leader del Parlamento europeo come Daniel Cohn Bendit e Guy Verhofstadt e di altre importanti personalita’ come Ulrich Beck ed Amartya Sen.
A cura dell’Ufficio stampa del Movimento Federalista Europeo
0039.347.0359693
ufficiostampa@mfe.it
Tags: Altiero Spinelli, Coccodrillo, Europa, Federalismo Europeo, Gruppo Spinelli, Manifesto di Ventotene, Spinelli Group
Riportiamo di seguito la mozione di politica generale presentata dal Segretario e dal Presidente
Il XXV Congresso del Movimento Federalista Europeo, riunito a Gorizia l’11 – 12 – 13 marzo 2011,
ricorda
– che settant’anni fa a Ventotene fu redatto il Manifesto per un’Europa libera e unita, in cui si affermava che la linea di divisione tra conservazione e progresso passa tra nazionalismo e federalismo;
– che il Movimento federalista europeo fu fondato per affermare la priorità dell’obiettivo federalista in Europa e nel mondo;
– che l’obiettivo indicato nel Manifesto di Ventotene resta tuttora attuale e continua a ispirare l’azione del MFE.
Riafferma
Constata
Ribadisce
In questa ottica, considerando la sfida che maggiormente incombe oggi sull’Europa, cioè la crisi economica e finanziaria, dal cui esito dipende in gran parte il futuro degli europei, il Congresso del MFE rileva
sottolinea la contraddittoria azione dei governi
Constata
Pertanto il MFE ribadisce il proprio sostegno a tutte quelle iniziative che sono rivolte ad accrescere la solidarietà tra i paesi membri, a rafforzare il quadro di integrazione a livello europeo e a impedirne la disgregazione, a decidere con il voto non solo i rappresentanti nel Parlamento europeo, ma anche i responsabili del governo dell’Unione europea, a partire dall’elezione del Presidente della Commissione, quali
a) l’evoluzione del patto di stabilità nella direzione di un coordinamento vincolante delle politiche di bilancio degli Stati membri dell’Eurozona, intesa come sviluppo dell’iniziativa in corso del “semestre europeo di bilancio”;
b) il rafforzamento del “Fondo Europeo di Stabilità Finanziaria”, varato dai paesi dell’euro nel momento più acuto della crisi greca, e la sua evoluzione in un’Agenzia federale del debito, per assicurare il rigore nella gestione delle finanze pubbliche e per consentire agli Stati indebitati di ottenere prestiti a tassi inferiori a quelli di mercato;
c) l’emissione di Union Bonds per finanziare infrastrutture ed altri investimenti di interesse comune europeo e che potrebbero essere garantiti istituendo risorse proprie dell’Unione ed in particolare la carbon tax per finanziare la ricerca e la riconversione ecologica dell’economia europea;
d) l’apertura di un dibattito sulla natura e la consistenza del bilancio dell’UE, promuovendo un’Assise dei rappresentanti dei Parlamenti nazionali e del Parlamento europeo;
e) il rafforzamento e l’ampliamento dei compiti delle istituzioni dell’Eurogruppo;
f) la rappresentanza unica europea in seno al FMI per consentire ai paesi dell’Eurogruppo di partecipare alla riforma del sistema monetario internazionale e per promuovere il passaggio da un sistema dominato dal dollaro a un sistema multilaterale fondato su un paniere di monete – che includa anche le monete dei principali paesi emergenti –, inteso come tappa verso una moneta di riserva mondiale;
un’iniziativa rivolta ai parlamentari europei e nazionali (a partire da quelli appartenenti ai paesi dell’Eurogruppo) per porre al centro della loro agenda politica il problema dell’unione politica europea.
Ribadisce
a) il veto di uno o più Stati non potrà impedire che la Convenzione possa riunirsi e prendere le proprie decisioni
Riafferma perciò la volontà di sviluppare la campagna per la Federazione europea, e impegna i suoi organi e le sezioni
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PER VISIONARE IL PROGRAMMA CLICCA QUI: convegno lavoro unione europea
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Il 29 e 30 gennaio 2011 si è tenuto presso il Grand Hotel Adriatico di Montesilvano a Pescara il “Confronto MFE – Mondo della politica: Quali iniziative per la Federazione europea?” promosso dai centri regionali del MFE di Abruzzo, Campania, Emilia-Romagna, Lazio e Puglia.
Dopo la presentazione dei lavori di Paolo ACUNZO sullo spirito dell’iniziativa e la formula dei lavori, ha aperto le relazioni Guido MONTANI proponendo un Piano E per l’Unione Federale europea e poi in successione: On. Sandro GOZI ha lanciato l’idea di un Network italiano del Gruppo Spinelli, per creare una rete italiana delle azioni previste dal gruppo a livello europeo. I trenta promotori che hanno raccolto l’invito al network si riuniranno insieme agli altri che vorranno aderire (scrivere a gruppospinelli@hotmail.it ) nelle prossime settimane per organizzare le proprie attività (interventi di Grossi, Gui, Palea, Cagiano, Marsili e Acunzo); Roberto PALEA ha illustrato le attività svolte in Piemonte dal Movimento dei Movimenti; Francesco GUI, riprendendo i temi presentati da alcuni amici federalisti in una lettera a Bersani, ha lanciato una proposta verso i partiti politici italiani per raggiungere l’obiettivo dell’Italia europea (interventi di Acunzo, Gozi, Musacchio, Palea, Orioli, Caloisi e Visone); Grazia BORGNA è intervenuta sui temi del modello sociale europeo e la protezione del lavoro in Europa (interventi di Sorti, Minneti, Musacchio, Di Bella, Gui e Longo); Piergiorgio GROSSI si è soffermato sui diversi aspetti e le varie iniziative in corso riguardo il reddito minimo garantito (interventi di Barbati, Pietrosanti, Gui, La Rocca , Sorti, Montani e Visone); On. Roberto MUSACCHIO ha invitato i federalisti europei ad aderire all’osservatorio europeo che nasce da una costola del European Social Forum (interventi di Borgna, Acunzo e Gui); Lorenzo MARSILI ha esposto le iniziative del TrasnEuropa Network e Festival, invitando i federalisti a parteciparvi; Jacopo BARBATI ha parlato dell’azione della JEF nel mondo della politica (Montani) e la prima giornata di lavoro si è conclusa con la relazione di Lamberto ZANETTI sul debito ecologico tra nord e sud del mondo. La serata si è conclusa a tarda notte dopo la cena, musica, balli e scambio di opinioni su diversi temi tra i partecipanti.
I lavori della seconda giornata sono stati aperti dalla relazione di Pierluigi SORTI sulla coerenza tra i sistemi contabili nazionali e il bilancio europeo; Paolo ORIOLI ha proposto una formula delle primarie in Europa per la scelta dei candidati alle prossime elezioni europee (interventi di Sorti e Acunzo); PierVirgilio DASTOLI ha fatto un bilancio e proposto modalità per le prossime programmate convenzioni dei cittadini europei (interventi di Palea, Longo e Orioli); Maurizio GUBBIOTTI ha invitato i federalisti ad aderire ad alcune campagne sui cambiamento climatici (interventi di Palea, Minneti, Lepri, Digiacomo e Zanetti); Liliana DIGIACOMO ha esposto le ragioni per cui i federalisti dovrebbero occuparsi della terza rivoluzione industriale attualmente in corso (interventi di Palea, Sorti e Zanetti); Michele BALLERIN ha proposto un piano europeo per lo sviluppo e forum dei dipartimenti europei dei vari partiti (Gui, Caloisi e Zanetti); Stefano PIETROSANTI ha presentato un progetto per una scuola di politica europea che potrebbe coinvolgere anche il forum nazionale dei giovani; Raimondo CAGIANO ha sottolineato l’importanza della formazione europea per la creazione di una reale cittadinanza; Alcide SCARABINO ha presentato alcune richieste specifiche di diritti civili europei su cui i federalisti potrebbero impegnarsi; Antonio LONGO ha chiuso le relazioni con i punti che potrebbe avere un programma di governo per l’Europa (Pietrosanti).
Nelle conclusioni Paolo ACUNZO ha ringraziato tutti i partecipanti per i preziosi contributi, si è rallegrato per il successo della formula e le iniziative prese. Infine a nome del Comitato promotore ha presentato il testo del cosidetto “Preambolo di Pescara” dando seguito all’invito di Presidente e Segretario nazionale di suggerire integrazioni da recepire nella mozione congressuale.
Tutti i documenti, le relazioni scritte degli interventi e a breve le registrazioni di tutti gli interventi sono disponibili su www.mferoma.eu
Il Comitato promotore si augura che il testo qui allegato possa essere recepito integralmente quale preambolo nella proposta di mozione generale unitaria da presentare al prossimo congresso nazionale MFE di Gorizia e invita altri iscritti ad aderire a tale preambolo.
Saluti federalisti
Paolo Acunzo
http://mferoma.wordpress.com/2011/02/03/federalismo-europeo-2/
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Libertà dei media in Europa: soluzioni comuni a problemi comuni
Sabato 5 Febbraio
Via Dionigi 59 (piazza Cavour), Roma
14.00 – 17.30
Le libertà di espressione e di informazione sono tra i valori fondamentali delle democrazie europee. Pur essendo garantite come valori inalienabili nelle Costituzioni di tutti i paesi membri dell’UE e persino nella Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, in realtà il pluralismo mediatico e la libertà di espressione sono minacciate continuamente in un gran numero di Paesi. La situazione dell’Italia, dell’Ungheria e della Romania, sono particolarmente preoccupanti, ma perfino “bastioni” democratici come la Francia e il Regno Unito stanno sperimentando attacchi alla libertà di informazione.
Per dare una risposta a questo problema, European Alternatives sta organizzando una serie di consultazioni cittadine deliberative che porteranno vari cittadini europei e diverse associazioni che li rappresentano a discutere di come la concentrazione mediatica può essere combattuta e come il pluralismo può essere mantenuto o ripristinato a livello europeo attraverso azioni comuni.
Introdurranno i lavori della consultazione Eva Simon della Hungarian Civil Liberties Union, esperta di libertà di informazione che parlerà della situazione ungherese, paese in cui una recente legge sui media dai tratti totalitari ha suscitato forti critiche da parte dell’Unione Europea, e Granville Williams, giornalista e autore di libri e di rapporti sul monopolio dei medi a in Europa, membro del Consiglio Nazionale del gruppo di riforma dei media con sede nel Regno Unito, the Campaign for Press & Broadcasting Freedom (CPBF).
Per registrarsi!
La seconda consultazione europea sulla libertà di informazione e espressione si terrà a Roma il 5 Febbraio in via Marianna Dionigi 59 (Zona Piazza Cavour) dalle ore 14 alle 17;30. I posti sono limitati e verranno assegnati in ordine di iscrizione. Per registarsi è sufficiente inviare una mail al seguente indirizzo.
Scrivete a:
Alessandro Mollicone, European Alternatives Italia
a.mollicone@euroalter.com
Per ulteriori informazioni:
http://www.euroalter.com/IT/network/eventi/40/
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