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di Paolo Acunzo

Questo congresso celebrativo del MFE cade in un momento particolare della vita politica italiana, a ridosso di elezioni che hanno regalato non poche sorprese. Infatti se era previsto la mancanza di referenti governativi a cui il MFE potesse rivolgersi per questo importante evento, visto lo stretto margine temporale che intercorre dalle elezioni, i risultati che ne sono scaturiti sono stati totalmente imprevedibili. Credo che anche il MFE debba ragionarci per definire la sua azione, essendo sintomo di una contesto sociale e politico completamente mutato, e non solo in Italia.

Partiamo da un primo dato: mai come in questa tornata elettorale i temi europei sono stati al centro del dibattito politico, seppur spesso eccessivamente semplificato e demagogico, e ha estremizzato le posizioni sul futuro dell’Europa in un modo forse eccessivo, ma che ci lascia ampio margine di azione. Infatti se è vero che le forze che proponevano “un’Italia europea” (quelle che si rifacevano alle candidature Bersani e Monti) inaspettatamente non hanno conseguito una chiara maggioranza, il fronte “euroscettico” interpretato diversamente dai candidati Berlusconi e Grillo hanno avuto gioco facile a far leva su pulsioni populiste e genericamente anti-austerity con slogan del tipo “mandiamoli tutti a casa” o tornare “padroni a casa nostra”.

Lo spazio che si apre per l’azione del MFE è immenso: ormai pare chiaro che all’italiano medio non basta più un generico europeismo, un processo d’integrazione calato dall’alto da pochi padri fondatori o spesso da decisioni prese in grigie stanze di Bruxelles o di Francoforte da poteri e interessi non meglio identificati. La risposta che serve più Europa, senza qualificarla, è giusta ma non è più sufficiente. Dunque non solo in Italia ci troviamo davanti al bivio di chi in un dibattito sull’Europa, presenti in tutte le arene nazionali, propone scorciatoie antistoriche come quelle dell’uscita dall’euro o dalla UE, e chi proponendo di andare verso una unione politica sempre più stretta non ha gli strumenti intellettuali, o il coraggio, di tracciare la via maestra verso la Federazione europea come unica possibile via d’uscita a questa crisi, che in primis è crisi della politica. Infatti come si pretende di governare una finanza che si muove con veloci click sull’intero scacchiere mondiale con una politica ancora fondata sulla sovranità nazionale e logorata da antichi riti alla lenta ricerca di compromessi intergovernativi che si rivelano per forza di cose insufficienti ?

Dunque il MFE ha una occasione storica. Quella di collocarsi in senso Gramsciano in posizione egemonica dal punto di vista culturale di quel vasto fronte consapevole che l’Europa intergovernativa ormai non regge più il passo dei tempi. L’esigenza di nuove forme di partecipazione democratica su scala continentali divengono indispensabili se non si vuole distruggere tutto ciò che è stato costruito dal dopoguerra in poi, ripiombando in un moderno medioevo. Ma per far ciò dopo 70 anni il MFE deve modificare in profondità la sua stessa natura e la sua capacità di azione, uscendo da stantii dibattiti interni e andando oltre ai classici riferimenti dei federalisti che agivano in un contesto internazionale di un’altra epoca, pure se questi si chiamino Albertini e Spinelli.

In primis non si può più pensare di rivolgersi agli attuali regnanti come se avessero ancora lo scettro del potere per volontà divina. Le cancellerie sono le prime a soffrire di una crisi di legittimazione democratica, dovuto ad un sempre più diffuso disinteresse dei cittadini nella politica, percepita sempre meno rilevante rispetto alle dinamiche globali dell’economia. Le attuali classi dirigenti sono considerati i principali responsabili di quei provvedimenti caduti dall’alto e invisi ai più, come il pareggio di bilancio o il Fiscal Compact, in quanto capaci solo di peggiorare la situazione nell’immediato, senza dare reali prospettive future di ripresa. Inoltre gli stessi governanti cadono spesso nell’errore di addossare le colpe a imposizioni di un’Europa lontana e maligna, che sono loro malgrado obbligati a subire, minando dalle fondamenta non solo la legittimità delle attuali istituzioni comunitarie, ma la loro stessa credibilità.

Dunque il MFE dovrebbe approfittare di questa crisi della politica nazionale e divenire il Federatore di tutte quelle forze ormai coscienti nella società contemporanea che solo il salto federale sarà in grado di realizzare la rivoluzione europea. Ma per far ciò il suo messaggio deve essere diretto, chiaro e radicale, non più mediato attraverso appelli a ipotetici potentati di turno, ma avendo come target direttamente la società civile organizzata e amplificandone l’azione grazie ad un uso attento dei moderni mezzi di comunicazione. Bisogna creare un consenso in favore della Federazione europea il più diffuso possibile nell’opinione pubblica, se veramente si vuole influenzare conseguentemente i decisori finali. E oggi con l’estremizzazione del dibattito politico sull’Europa qualsiasi forza politica ha la necessità di schierarsi da una parte o dall’altra per rendere credibile la sua proposta di cambiamento.

Ovviamente per far ciò il MFE deve cambiare anche il suo modo di agire. Non considerarsi custodi di una verità rivelata a pochi eletti, ma vivere a pieno il mondo che ci circonda, proponendo soluzioni federaliste a reali problemi e sporcandosi anche le mani con scelte di parte, se necessario. In questa ottica diventa essenziale la campagna lanciata dal MFE per l’ICE per un Piano di sviluppo sostenibile, per diversi motivi: è uno strumento che induce ad aprirsi all’esterno, creando alleanze anche con nuovi soggetti sociali; da risposte a problemi concreti quale la crisi economica, facendo entrare nel dibattito politico l’esigenza ormai non rinviabile di istituire un governo europeo dell’economia, con tutto quello che ne consegue; mette alla prova il grado di consenso che i federalisti riescono a raccogliere, uscendo da una pericolosa autoreferenzialità del movimento e obbligando, se si vuole raggiungere l’obiettivo del milione di firme, di innovare anche la propria comunicazione politica. Se poi la campagna dell’ICE entrasse nel vivo durante le prossime elezioni europee, potrebbe diventare uno spartiacque tra due visioni sociali contrapposte di Europa: la scorciatoia populista del ritorno alle piccole patrie Vs quella di ampio respiro di stampo federalista, correndo addirittura il rischio di dare forza popolare a quest’ultima nel nuovo Parlamento europeo.

In definitiva queste elezioni politiche segnano grandi opportunità per il MFE, che spero sapremo cogliere. Ma anche un grande rischio. Quello di rimanere sordi a questi segnali e di continuare a perpetrare una linea di supporto a quello che c’e’ o c’e’ stato, ossia ad una visione di un’Unità europea possibile solo se calata dall’alto, che invece di avvicinare i cittadini alla battaglia federale, li allontana. Per questo credo che nel contingente sarebbe deleterio sostenere qualsiasi nuova forma di governissimo in Italia, il quale dietro la scusa del “C’e’ lo chiede l’Europa” allontanerebbe ulteriormente l’opinione pubblica da quel diffuso europeismo che tradizionalmente caratterizzava il nostro paese. Ne abbiamo avuto la riprova proprio con queste elezioni, dove la stessa idea di un’Italia europea del governo uscente ha pagato proprio il suo mancato consenso democratico per delle scelte impopolari, seppur spesso necessarie.

Oggi il MFE spetta questo storico compito. Essere un punto di riferimento di tutti i federalisti europei, fuori e dentro il movimento, e creare quel consenso necessario intorno all’idea che un’altra Europa non è solo possibile, ma indispensabile se si vuole ridare speranza nel futuro alle nuove generazioni. La sfida è grande, ma è l’unica possibile se il MFE non vuole relegarsi definitivamente all’irrilevanza politica, invece di contribuire al raggiungimento di quel nobile obiettivo per cui è nato 70 anni fa: la costruzione degli Stati Uniti d’Europa.

Buon sfida a tutti noi.

Paolo Acunzo
Relazione alla Commissione “L’Italia e l’Unità europea”,
XXVI Congresso nazionale del Movimento Federalista Europeo,
Milano, 22 marzo 2013

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Striscione GFE

Cari amici,
ringraziando tutti gli intervenuti al nostro dibattito di ieri “Europa, ritorno al futuro” e in particolare la GFE Roma anche per la bella e partecipata festa dell’Europa serale, vi ricordo l’appuntamento di domani per la manifestazione MFE nell’ambito del Festival d’Europa di Firenze “Stati Uniti d’Europa per uscire dalla crisi”.

Come gia annunciato l’appuntamento per la delegazione del MFE/GFE di Roma e Lazio è alle ore 15 a Piazza indipendenza a Firenze, dietro lo striscione che la sezione ha fatto per l’occasione (vedi foto allegata).

Inoltre qui di seguito trovate la convocazione della prima riunione del nuovo Comitato Centrale MFE, a cui oltre ai membri eletti all’ultimo congresso nazionale possono partecpare tutti gli interessati, e il comunicato stampa sulla manifestazione.

Ci vediamo a Firenze.

Paolo Acunzo
Seg. MFE Roma

Carissimi,
purtroppo non potrò condividere con voi le celebrazioni per la festa dell?Europa organizzate per domani. In questi giorni sono infatti a Londra per una conferenza parlamentare dei paesi G8/G20 promossa dall?European Parliamentary Forum on Population and Development sul tema ?What place for family planning in the future of development ??.
Mi fa piacere però condividere con voi queste poche righe perché avverto quanto questa celebrazione abbia un significato profondo, tanto più oggi.
L?anniversario della Dichiarazione Schuman, con cui ricordiamo l?intervento del Ministro degli esteri francese per l’istituzione di una Comunità europea del carbone e dell’acciaio, Í ¨ una delle poche ricorrenze che ci proietta, ogni anno, in direzione di un futuro ancora da realizzare, piuttosto che verso un passato da non dimenticare.
Basta rileggere, ancora una volta, quel testo così ispirato, che indicava, oltre 60 anni fa, un?orizzonte ideale, un progetto politico, un metodo operativo che sono ancora in larga misura attuali: un?Europa unita, al servizio di relazioni pacifiche nel mondo, da costruire non in un giorno, ma attraverso ?realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto?, come prima tappa di una futura Federazione europea.
Quel metodo dei ?piccoli passi?, della condivisione di interessi e obiettivi comuni, della gradualità di un processo di integrazione, che veniva tuttavia sorretto da una robusta visione ideale, dalla consapevolezza che per consegnare definitivamente un intero continente ad una pace duratura fosse indispensabile far crescere l?adesione popolare intorno ad un progetto comune fondato su solide basi, poiché, come ricordava Jean Monnet,?niente esiste senza le persone, ma niente dura senza le istituzioni?.
Oggi questo 9 maggio ricorre nel pieno di una delle stagioni più difficili per l ?Europa: una crisi economica senza precedenti ha minato alle fondamenta la stabilità e la vitalità dei nostri sistemi produttivi, con una spirale di recessione, di disoccupazione, di povertà che sta scuotendo gran parte del nostro continente. Questo avviene senza che l?Europa abbia dimostrato fin qui di saper organizzare una risposta adeguata, con scelte condivise, con strumenti di partecipazione democratica dei cittadini, con azioni comuni e coraggiose per mobilitare grandi investimenti su scala europea per il lavoro, lo sviluppo sostenibile, la ricerca e l?innovazione.
E? qui, in questi bisogni così concreti e così strutturali che diventa più evidente che mai quello di cui noi siamo sempre stati consapevoli: la necessità e l?urgenza di un?Europa politica, di un passo avanti determinato verso una fase molto più avanzata del nostro processo di integrazione comunitaria, che avvicini il traguardo degli Stati Uniti d?Europa.
L?Italia può e deve fare la sua parte, non solo per la sua storica ispirazione europeista, ma soprattutto perché è suo interesse vitale essere protagonista di questa battaglia, sin dai prossimi vertici europei.
A noi, a tutti noi, spetta fare la nostra parte, nelle istituzioni nazionali ed europee, cos ì come nella società, perché si possa rinnovare in modo concreto, operoso, attivo, dopo oltre 60 anni, quell’ispirazione ideale, per fare dell’Europa finalmente una vera comunità.
Federica Mogherini

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Il proliferare delle crisi dei debiti nazionali (Grecia, Irlanda, Spagna, Portogallo e Cipro) ha dimostrato che è impossibile superare le attuali difficoltà della moneta unica senza il comple-tamento di un vera Unione economica e monetaria.

Come già sostenuto da diversi studiosi, una Unione monetaria non può sopravvivere in assenza di una Unione politica o di una Unione economica con un meccanismo automatico di salvaguardia in grado di smorzare shock asimmetrici tra le economie nazionali.

A questo scopo, il Consiglio europeo ha deciso, in linea di principio, di raggiungere una vera Unione economica e monetaria che potrebbe dotare l’Unione Europea, nei prossimi due o tre anni, di nuove competenze nel campo della politica economica, di creare un vero Tesoro eu-ropeo (o un Ministro europeo del Tesoro), di stabilire nuovi meccanismi europei di solidarietà (come Euro-bills, “Redemption Fund”, o altri) e di creare un bilancio europeo distinto per l’area euro.

La Commissione europea ha adottato, nel novembre del 2012, un Blueprint per una più pro-fonda e vera UEM, che contiene una serie di misure a breve, medio e lungo termine per rag-giungere questo obiettivo. Alcune di queste misure possono essere adottate attraverso la legislazione secondaria dell’Unione, mentre altre (come una vera capacità fiscale dell’area euro, un “Redemption Fund” e gli Euro-bills) richiederanno una modifica dei Trattati.

Da un punto di vista giuridico, questa revisione del Trattato di Lisbona richiede che si ricorra alle procedure definite dal Trattato stesso, in particolare la necessità dell’unanimità dei 27 Stati membri per la ratifica del nuovo Trattato (per via parlamentare o referendaria). Questa condizione non può essere aggirata, tranne nel caso in cui gli Stati membri decidano una “rottura costituzionale” che utilizzi procedure non previste dal Trattato, per esempio:

1) che una maggioranza di Stati faccia appello alla clausola “rebus sic stantibus” della Convenzione di Vienna per adottare un nuovo Trattato fra di loro;
2) che si utilizzi una procedura a maggioranza per la ratifica di un nuovo Trattato che a-broghi l’attuale, sul modello del “Progetto Penelope”;
3) che si faccia ricorso alla clausola di recesso prevista dall’articolo 50 del Trattato di Li-sbona per uno Stato membro, ma esercitata simultaneamente da una maggioranza di Stati membri che vogliano concludere un nuovo Trattato per i paesi dell’area euro.

A tutt’oggi, non sembra esistere tra gli Stati dell’area euro la volontà politica di ricorrere ad una di queste procedure eccezionali (come confermato dalle caute reazioni dei governi dell’area euro al recente discorso del Primo Ministro britannico).

In questa situazione, la revisione dei Trattati europei necessaria per raggiungere una vera UEM richiederà la ratifica unanime di 27 Stati e quindi il consenso del Regno Unito al nuovo Trattato (compresa la possibile modifica dell’art. 48 TEU per introdurre una procedura a maggioranza per le future revisioni dei Trattati). A meno che un futuro governo laburista modifichi radicalmente l’attuale approccio del Primo Ministro Cameron, il governo britannico richiederà nei negoziati del 2015 la “rinazionalizzazione” di alcune competenze dell’Unione europea nel campo sociale, dell’immigrazione ed altro. Poiché è improbabile che questa richiesta sia accettata dagli altri Stati membri, ci si può aspettare che il Consiglio Europeo decida di concedere al Regno Unito una serie di deroghe o di clausole di “opting-out”. Questa soluzione potrebbe costituire un “deal” per ottenere, in cambio, la trasformazione dell’area euro in una “cooperazione rafforzata” permanente che possa approfondire la propria integrazione e proseguire sulla strada verso una Unione politica senza il consenso britannico. Tra l’altro, questa nuova situazione potrebbe essere coerente con l’affermazione del Primo Ministro britannico secondo la quale il Regno Unito non intende impedire agli Stati membri dell’area euro di approfondire la loro integrazione.

Tale revisione del Trattati europei (ipotizzando il consenso del popolo britannico in un possibile referendum) permetterebbe al Regno Unito di mantenere i benefici dell’Unione Europea (in particolare del mercato unico), pur godendo di uno status speciale non molto diverso, in termini di contenuto delle politiche, da quello degli anni 1993-1997 (quando il Regno Unito non partecipava né all’UEM, né al sistema di Schengen, né al Protocollo sociale).

Naturalmente, dal punto di vista istituzionale, questa revisione dei Trattati europei creerebbe “un’Europa a due velocità” nella quale alcuni Stati membri manterrebbero per alcuni anni l’attuale livello di integrazione, mentre altri approfondirebbero la loro integrazione e dareb-bero vita ad una vera UEM. Tuttavia questa soluzione non implica che l’Euro-zona diventi ne-cessariamente la prima classe di un’ Unione Europea stabilmente a “due classi”, ma potrebbe costituire l’avanguardia temporanea di un’ intera Unione, svolgendo il ruolo di locomotiva ed indicando la strada a tutti gli altri Stati membri che vogliano prendervi parte.

Paolo Ponzano

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L’incontro annuale del Gruppo Spinelli quest’anno è stato suddiviso in tre parti, la prima relativa ai partiti, alla comunicazione ed al rapporto con i media, la seconda relativa all’economia sociale di mercato e la terza relativa alla convergenza economica dei paesi dell’Unione Europa e dell’area euro. L’incontro è stato aperto elencando i principali insuccessi dell’Unione Europea (solamente quelli recenti); il leader dei liberali europei Verhofstadt ha citato Cipro, con riguardo all’economia, l’Ungheria ove è di fatto venuta meno la democrazia e la Siria, che è un fallimento della politica estera dell’Unione Europea. Isabelle Durant ha aggiunto che è stato un gravissimo errore non coinvolgere il popolo nell’integrazione europea, si sarebbero dovuti fondare veri partiti (liste transnazionali) e si sarebbe dovuto fare ampio ricorso al referendum

1. Democrazia, partecipazione, media (prima sessione)
Isabelle Durant, Sylvie Goulard, Andrew Duff, Pierre Defraigne (direttore esecutivo di Ma Collegio Europeo); Daniela Vincenti (Direttore di Euractive)
• Sono stati riconosciuti i problemi dell’affluenza alle urne calante alle elezioni europee e della mancanza di veri partiti europei che facciano una campagna elettorale unica in tutta l’Unione. Spesso quando si parla di Europa si sentono solo le voci degli euroscettici. Al parlamento europeo vi sono grandi comunicatori sia tra gli europeisti, Verhofstadt e Cohn Bendit, che tra gli euroscettici, Farage
• L’Unione Europea ha un pessimo rapporto con i media, viene rilevato che le testate europee che hanno visibilità fuori dall’unione, Economist e Financial Times, sono notoriamente euroscettiche. Duff contesta che i media sono controllati dalla politica nazionale restia alle cessioni di potere all’Unione, Cohn Bendit afferma che Economist e Financial Times sono testate ricche, con cui è difficile competere. E’ fondamentale stabilire media europei, che su tutto il territorio dell’Unione analizzino i medesimi temi
• Bisognerebbe creare un patriottismo europeo, paesi molto eterogenei come la Cina e l’India vi sono riusciti
• Sylvie Goulard ha rilevato che l’Unione Europea, i cui antesignani sono stati creati per ricucire la frattura franco-tedesca potrebbe degenerare in una frattura tra la Germania ed il resto del continente. Si noti che tale affermazione viene fatta da una donna considerata filotedesca in patria
• Sono necessarie liste transnazionali che competono per la conquista del potere; si inizi facendo indicare a ciascun partito il proprio candidato alla commissione per le elezioni europee 2014. A proposito Roberto Gualtieri ha affermato che non è auspicabile che tutti gli europeisti e federalisti convergano su una sola lista, un confronto tra il liberale Verhofstadt e il socialista Schulz è nettamente preferibile ad un rischioso confronto tra europeisti ed euroscettici.
• Sono state riconosciute grosse responsabilità della Commissione Barroso e del metodo Van Rompuy che è nettamente intergovernativo. Duff ha affermato che obiettivi del suo draft di fundamental law sono un esecutivo responsabile verso il parlamento e ad una riduzione del peso del consiglio, non perché quest’ultima sia un’istituzione non democratica (i suoi membri sono espressione di governi eletti), ma perché è inefficace. Verhofstadt ha affermato che bisogna arrivare ad una costituzione per l’Europa, partendo dalla lavoro che sta portando avanti un gruppo guidato da Andrew Duff (la fundamental law)

2. Verso una genuina economia sociale di mercato (seconda e terza sessione)

Verhofstadt, Bendit, Gualtieri, Paul De Grauwe (Economista LSE e direttore dell’istituto europeo); Elsa Fornero, Jo Leinen, Fintan Farrel (direttore European Antipoverty Network), Ulrich Van Santum (direttore centro per gli studi di economia applicata, università di Munster)

• L’economia sociale di mercato, indicata quale obiettivo dell’unione nell’articolo 3 del trattato di Lisbona è un concetto definito da alcuni economisti tedeschi negli anni quaranta, si tratta di un compromesso tra liberismo e socialismo (reale). L’economista Van Santum la definisce come un sistema caratterizzato da imprese e mercati efficienti, associato a sostenibilità dei conti pubblici e sostenibilità ambientale e caratterizzato da elevata inclusione sociale in termini di istruzione e di mercato del lavoro. A suo parere sono molto orientate all’economia sociale di mercato Germania e Svezia, sono molto distanti Francia e Spagna
• Il modello sociale europeo, riconosciuto anche fuori dall’Europa, è “sotto attacco” da molti anni. Vengono individuati quali problemi la presenza di oligopoli, (settori ove il 90% del mercato è coperto da tre o quattro competitor);il fatto che molte risorse vengano trasformate in rifiuti (Farrel); la corruzione che sottrae soldi al popolo e gonfia le mafie (Leinen); la competizione scaricata sui lavoratori (Fornero)
• L’economia sociale di mercato è soprattutto regole. Le banche considerate troppo poco regolate
• Necessita un’unione sociale. I più concordano sull’opportunità di un reddito minimo (salario minimo per i lavoratori e sussidio di disoccupazione per tutti i cittadini), Farrel afferma che sarebbe opportuno introdurlo per direttiva. Eccezionale è la posizione di Von Santum che ritiene che il salario minimo produce disoccupazione (è stato contestato dalla platea). Verhofstadt ha affermato che occorre una certa convergenza anche sulle pensioni, sarebbe opportuno che nessun lavoratore ottenesse una pensione inferiore al 45% dell’ultima retribuzione. Purtroppo in molti paesi dell’Unione questo non si verifica, e ciò accade anche nella benestante Olanda. Bisogna una convergenza buona, per rispondere alla tanto temuta convergenza cattiva, che consiste in una gara al ribasso sui salari
• Occorre dotare l’Unione Europea/l’area euro di un proprio budget. L’assenza di un budget e di un tesoro federale comportano la mancanza di credibilità. L’UE ha un budget dell’1% del prodotto interno lordo, mentre la Svizzera ne ha uno del 15% del pil e gli Stati Uniti ne hanno uno del 25%. Il prossimo parlamento europeo, con un gesto senza precedenti, deve pretendere la rinegoziazione del budget (Verhofstadt). Gli Stati si oppongono all’aumento del budget di mezzo punto percentuale del Pil e poi garantiscono il meccanismo europeo di stabilità con il 7/8% del Pil (a tanto ammonta l’impegno di Italia e Germania). Con l’1/2% del pil si potrebbe realizzare una politica estera e di difesa comune e con un altro budget dell’1/2% del pil si potrebbe realizzare l’unione sociale
• La convergenza sociale necessita di tasse uniformi almeno sulle banche e sulle grandi società (Cohn Bendit), se non si può arrivare alle stesse aliquote, almeno deve esserci la stessa base imponibile (Verhofstadt)
• La BCE si comporta da banca centrale solo da meno di un anno. Se l’economista De Grauwe ha sottolineato che in crisi sarebbe opportuno svalutare la moneta, Cohn Benit ha affermato che la Germania aveva un’industria brillante anche ai tempi del potentissimo marco, mentre per esempio in Italia spesso le svalutazioni della lira si tradussero in aumenti del costo dell’energia
• Occorre una politica industriale comune, si tratta di una caratteristica di tutti o i grandi attori (Cina, India, Stati Uniti), mentre l’UE ha solo elementi di una politica industriale comune (politica della concorrenza, politica dell’ambiente); tra l’altro alcuni speaker hanno criticato la politica della commissione eccessivamente rigorosa, che ha bloccato fusioni che non avrebbero impattato sul mercato dell’UE, ma solo sul mercato di uno o pochi paesi (la fusione Volvo-Skania); alcuni speaker (ma non tutti) ritengono quindi che la politica della concorrenza debba essere rivista

A margine dell’incontro alcuni giornalisti italiani hanno chiesto un parere al ministro Fornero sull’indiscrezione, attribuita a fonti vicine al commissario Rehn, secondo cui la Commissione Europea non concederà all’Italia il permesso di pagare i debiti delle pubbliche amministrazioni verso le imprese, derogando alla patto di stabilità. Il ministro ha affermato che il governo uscente ha imposto grandi sacrifici al paese, che erano necessari, ma hanno acutizzato la recessione, se la commissione bloccasse i pagamento dei debiti dimostrerebbe di non aver capito la situazione italiana.

Salvatore Sinagra

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Dal 22 al 24 marzo si è tenuto a Milano il 26° Congresso dell’MFE. Nella mattina di venerdì 22 marzo presso Palazzo Marino c’è stata la cerimonia di celebrazione dei settant’anni dalla nascita del Movimento, fondato a Milano nel 1943. Vi sono stati interventi delle istituzioni e di esponenti del mondo politico e culturale volti ad esprimere l’appoggio all’obiettivo del nostro Movimento.
Nel pomeriggio di venerdì si sono aperti i lavori del Congresso, con la relazione del Tesoriere, del Presidente e del Segretario MFE. In seguito, i partecipanti si sono divisi nelle cinque commissioni, ognuna delle quali affrontava temi di discussione importanti per decidere la linea politica del Movimento. La prima Commissione, nella quale è intervenuto il Presidente dell’MFE Roma Paolo Ponzano, affrontava, ad esempio, i problemi della Federazione nell’Unione; la quarta Commissione trattava dell’Italia e l’unità europea e ha visto confrontarsi il nostro Segretario di sezione Paolo Acunzo con Antonio Longo e Sergio Pistone. Le due esponenti della GFE romana (Margherita de Candia e la sottoscritta) hanno partecipato ai lavori della quinta commissione, in cui si è dibattuto il ruolo e l’organizzazione del Movimento. Durante tutta la giornata di sabato si sono svolti i lavori in plenaria (dove sono intervenuti molti nostri iscritti, fra i quali vorrei sottolineare l’intervento sulla comunicazione del Movimento di Angelo Ariemma) e la domenica mattina si sono svolte infine le votazioni, prima della riunione del nuovo Comitato Centrale.
Nel dibattito sono emerse posizioni diverse nel Movimento su alcuni punti. Sull’opportunità di creare la Federazione a partire dall’Eurozona, sulle “tempistiche” con cui portare avanti il progetto federale (se agire in questo stesso 2013 oppure lasciare l’azione al Parlamento Europeo che uscirà dalle elezioni del 2014), e su quale debba essere l’interlocutore privilegiato del Movimento Federalista Europeo, se i governi nazionali oppure il Parlamento Europeo.
Il tema su cui in particolar modo si è incentrato il dibattito, tuttavia, ruotava attorno al metodo da adottare per raggiungere il comune obiettivo della Federazione Europea e sul ruolo che deve avere il nostro Movimento nel guidare la rivoluzione federalista. Secondo il discorso tenuto dal Segretario Franco Spoltore, il Movimento deve avere a cuore la sua autonomia culturale e organizzativa. Ciò significa che non dovrebbe “contaminare” e “contaminarsi” con altre associazioni e organizzazioni, come invece è sostenuto da un’altra parte del Movimento. Secondo la Direzione in carica, il Movimento deve mantenere ben salda la sua identità e specificità, evitando quella che da Spoltore è definita “demagogica omologazione organizzativa del MFE ad altri movimenti”. Questo perché il Movimento è nella fase di “preparazione del momento dell’incandescenza” e dunque, in questa fase, non dovrebbe ancora diventare un Movimento di massa ben visibile, ma preparare l’introduzione nella storia del germe innovatore.
La delegazione romana (le cui posizioni, vorrei sottolineare, erano il frutto di un dibattito interno sentito e partecipato, portato avanti soprattutto all’interno del gruppo di lavoro sulla mozione Levi- Spoltore, che si era riunito più volte negli scorsi mesi) ha espresso una posizione diversa sulla questione, ritenendo che sia necessaria un’apertura del Movimento ai cittadini, e che sia indispensabile un’azione volta a riconciliare il “cittadino che cammina per la strada” (se non vogliamo usare il termine non molto amato di “società civile”) con il progetto europeo. Questo è fondamentale in un momento storico in cui spesso si nota una disaffezione o comunque un’indifferenza dei cittadini europei verso la comune casa europea. Avere un sostegno popolare al Movimento è davvero importante perché altrimenti si rischierebbe di procedere da soli verso la Federazione, senza una vera partecipazione democratica, per poi vedere respinti indietro tutti quei bellissimi progetti perché fra i cittadini non si è ancora sviluppata la debita consapevolezza della necessità di creare gli Stati Uniti d’Europa.
Per creare l’incandescenza, bisogna raccogliere prima la legna da ardere, perché se quella legna non c’è oppure è ignifuga, non c’è verso che la scintilla riesca a diffondersi.
Il dibattito è stato proficuo e, a mio parere, utile per la crescita del Movimento e non ha di certo messo in discussione la nostra unità nell’obiettivo comune della Federazione Europea. Tanto che, quando il Presidente ha annunciato che il Presidente del Consiglio incaricato Pierluigi Bersani avrebbe ricevuto il Movimento per le consultazioni per la formazione del nuovo governo, tutta l’aula è esplosa in un applauso soddisfatto ed emozionato.
La nostra delegazione ha scelto di porre alcuni emendamenti alla Mozione di Politica Generale presentata da Lucio Levi e Franco Spoltore, che sono stati discussi la domenica mattina. Gli emendamenti erano diversi e rispecchiavano la voce degli iscritti alla nostra sezione, ma in generale vertevano sull’orientare il ruolo del Movimento nella direzione che ho enunciato poco sopra. Alcuni di questi emendamenti sono stati accolti, su altri si è raggiunto un compromesso con la maggioranza dei votanti. La più parte di questi sono stati respinti. Per questo motivo, nella votazione finale sull’intera mozione, la nostra delegazione, insieme ai delegati dell’MFE Liguria, ha deciso l’astensione sulla mozione di politica generale, che è stata comunque approvata con un gran numero di voti. È stata approvata anche la mozione sull’ICE “Per un piano europeo straordinario di sviluppo sostenibile e per l’occupazione”. In seguito, il nuovo Comitato Centrale eletto a confermato Lucio Levi alla Presidenza dell’MFE, Franco Spoltore Segretario e Claudio Filippi Tesoriere.
Alla mia prima esperienza di un Congresso Nazionale, vorrei riportare l’emozione di alzare quel cartellino verde e votare (condivisa quella domenica mattina senz’altro da Elisabetta Lepri e Massimo Minnetti), in quanto prova di una democrazia vera – e faticosa – che poco ha a che fare con quella nuova democrazia in cui basta premere un tasto del computer per prendere una decisione.
Un saluto a tutta la delegazione romana, con la quale ho condiviso questi momenti,

Livia Liberatore
GFE Roma

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Lo scorso lunedi 18 dicembre il MFE di Roma ha organizzato un incontro con i candidati alle prossime elezioni politiche sulle tematiche europee presso il CIFE. Hanno partecipato Federica MOGHERINI, responsabile delle questioni internazionali per il Partito Democratico, Alberto PERA per Fermare il Declino, Rossella MUSTO per Monti per l’Italia e Claudio GIARDULLO per Rivoluzione Civile (Lista Ingroia).

 

Paolo ACUNZO, segretario del MFE, ricorda che solo una settimana prima, sempre presso la sede del CIFE, si è tenuta la conferenza-stampa per la presentazione del Comitato italiano per l’ICE, l’Iniziativa dei Cittadini Europei, cioè una sorta di legge popolare europea previsto dal Trattato di Lisbona.

 

Federico CASTIGLIONI della GFE ha letto le righe dedicate all’Europa dai programmi del PDL e di Fratelli d’Italia, che non hanno ritenuto di accogliere il nostro invito, come d’altronde fatto anche dagli esponenti del Movimento 5 Stelle.

 

In ordine alfabetico, esordisce GIARDULLO, dirigente di polizia, candidato anche a Napoli, città che ha problemi talmente gravi da far sembrare molto lontana l’Europa, che appare troppo tecnocratica e con poco coraggio politico. GIARDULLO sottolinea che questa è un’Europa per ricchi, in quanto dominata dalle banche, di cui contesta la separazione tra banche d’affari e d’investimento. Critica il prestito agevolato di 500 miliardi di euro concesso al 1%, che le banche hanno restituito nella prima tranche di 137 miliardi, ma nella seconda di soli tre. Sostiene che l’Europa si è dimostrata troppo attenta al rigore e poco attenta al welfare e che per una maggiore democratizzazione bisogna superare il modello intergovernativo.

 

MOGHERINI ricorda che è iscritta al MFE Roma ma cresciuta politicamente all’interno del PSE, del quale ammette i limiti ma ne sottolinea anche l’autenticità dello spirito europeista. Ritiene che sia lì che si giochi il futuro dei partiti nazionali e sostiene che l’interesse nazionale coincide ormai con l’integrazione europea ed esprime un giudizio negativo sulla diminuzione degli stanziamenti infrastrutturali e nella formazione previsti dal bilancio di previsione da poco approvato. La crisi attuale è in parte una profezia autoavverantesi: per decenni le destre hanno lavorato contro l’Europa e ora la criticano per le sue insufficienze. Per la prima volta ora è proprio il resto del mondo, preoccupato dalla nostra crisi, a chiederci una maggiore integrazione. Da questo punto di vista, basterebbe utilizzare tutti gli spazi che il Trattato di Lisbona ci offre. L’elezione diretta del presidente della Commissione rientra in queste possibilità, così come l’imposta sulle transazioni finanziarie. E’ poi evidente la stasi del processo di allargamento a Est e a Sud.

 

MUSTO, funzionaria del MIUR, dal 1994 si occupa di formazione del cittadino europeo nel mondo della scuola e dell’università. Sottolinea che gli investimenti della UE sulla formazione sono stati poco attenti alla qualità e alla dispersione scolastica, ma l’ultimo governo Berlusconi è stato il peggiore per i tagli all’istruzione per la formazione dei docenti . Ricorda che il MIUR ha creato Eurydice, un network che fornisce informazioni e analisi sui sistemi e le politiche educative su 36 paesi d’Europa.

 

PERA ammette che nel programma della sua lista non c’è molto sull’Europa perché si sono privilegiati gli interventi di modernizzazione dell’economia italiana, ma riconosce il ruolo molto importante giocato dalla UE e ricorda che paesi come Germania e la stessa Polonia hanno fatto le riforme che noi stiamo affrontando ora già dieci anni fa.

 

A questi interventi introduttivi è seguita la partecipazione dei presenti con osservazioni e domande. Vi sono stati una dozzina di interventi dal pubblico, tra i quali:

Luigi TANGREDI del PSI ricorda che nel Lazio la sua lista si presenta fuori da coalizioni e critica il Fiscal Compact per i forti vincoli che impone e i tagli alla scuola del governo Monti. La UE deve scegliere tra Berlino o Parigi. Marco MARAZZI, Segretario generale Partito Federalista Europeo, paventa la possibilità di una maggioranza di destra o di estrema sinistra al Parlamento Europeo, mentre Gabriella TOMA pone il problema del fallimento delle politiche tedesche di austerità neoliberista e del neokeynesismo di Krugman.

 

Alcide Scarabino

Vice Seg. MFE Roma

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Cari amici,

in attesa di poter far circolare la relazione di approfondimento del dibattito svolto che sta preparando Alcide Scarabino, Vice Seg. MFE Roma, e gli articoli dei giornalisti presenti, comunico che:

 

Il 18 feb dalle ore 18 si è tenuto presso il CIFE l’incontro con i candidati promosso dal MFE Roma “Per un’Italia europea, vota chi s’impegna per gli Stati Uniti d’Europa”. Il dibattito, che ha visto rispondere tutti i relatori presenti alle numerose sollecitazioni del pubblico per oltre tre ore, è stato partecipato da circa 40 persone e da 4 rappresentanti delle coalizioni che fanno capo rispettivamente a Bersani, Giannino, Ingroia e Monti (vedi programma in allegato). Infatti sia la rappresentante di Berlusconi che quella di Grillo hanno declinato all’ultimo momento l’invito: la prima per altri impegni elettorali con la promessa di essere sostituita da altro candidato; la seconda “perché il M5S ha deciso di concentrarsi sulla campagna elettorale nelle piazze e in particolare nell’organizzazione della manifestazione conclusiva che si terrà a Roma in Piazza San Giovanni”. Inoltre dalla platea sono intervenuti Luigi Tangredi, candidato al Senato per il PSI, e vari esponenti del Partito Federalista Europeo.

 

Ogni primo intervento dei relatori è stato introdotto da Federico Castiglioni, Dir. GFE Roma, con la lettura di estratti del programma sull’Europa delle relative forze politiche, precedentemente predisposte da Stefano Milia, Seg. gen. CIME, (vedi schede in allegato) e i lavori sono stati coordinati da Paolo Acunzo, Seg. MFE Roma, il quale ha ricordato le numerose iniziative e prese di posizione del MFE, a partire dall’invito a tutte le forze politiche presenti ad aderire al Comitato italiano per l’ICE per un Piano europeo per lo sviluppo sostenibile e l’occupazione, costituito la settimana precedente presso la stessa sede.

 

Il lungo e acceso dibattito si è concluso con la firma di tutti i relatori dell’impegno proposto dal MFE, aggiungendo alle adesione gia raccolte dalla Sezione da parte di alcuni candidati del PD (Roberto Di Giovan Paolo, Sandro Gozi, Marco Miccoli e Vincenzo Vita) quelle dei relatori intervenuti, ossia Claudio Giardullo (Rivoluzione civile), Federica Mogherini (PD), Rosa Musto (Scelta civica) e Alberto Pera (Fare).

 

Paolo Acunzo

Seg. MFE Roma

 

Qui di seguito i link di alcuni articoli sulla nostra iniziativa:

 

http://www.euractiv.it/it/news/sociale/6688-elezioni-2013-mfe-candidati-a-confronto-sulleuropa.html

 

http://www.euractiv.it/it/interviste-e-opinioni/opinioni/6668-elezioni-2013-mfe-votare-chi-si-impegna-per-lue.html

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L’ICE è un istituto di democrazia partecipativa
previsto dall’art 11 del

Trattato di Lisbona che consente a un milione di cittadini, di almeno 7 Paesi

dell’UE, di presentare alla Commissione europea una proposta di legge di

iniziativa popolare europea.

L’azione si sta sviluppando a livello europeo. Stanno nascendo analoghi

comitati promotori in Grecia, Spagna, Belgio, Francia, Romania, Lussemburgo. Si

sta costituendo una rete di città europee per promuovere l’iniziativa. Il

Segretario Generale della Confederazione Europea del Sindacati Bernadette Ségol

ha dichiarato di condividere gli obiettivi dell’ICE.

A Roma erano presenti 11 organizzazioni che hanno dato vita alla costituzione

del Comitato italiano e si sono impegnate a coinvolgere le loro reti europee

per la raccolta delle firme.

La conferenza stampa di presentazione del Comitato è stata aperta dall’

intervento del Movimento Federalista Europeo, promotore dell’ ICE. Sono seguiti

gli interventi di CGIL, CISL, UIL, ARCI, ACLI-FAI, Legambiente, Libera-FLARE,

European Alternatives, Movimento Europeo, AICCRE.

Paolo Ponzano, Presidente MFE-Roma, ha illustrato l’Iniziativa del Cittadini

Europei e data notizia che la prima iniziativa lanciata in Europa da parte dei

comitati per l’acqua pubblica ha già raggiunto il milione di firme. Ciò

dimostra la fattibilità di questo strumento di democrazia partecipativa.

Lucio Levi, Presidente nazionale MFE ha affermato: “vogliamo dare voce ai

milioni di cittadini che pagano il costo della crisi, soprattutto i 25 milioni

di disoccupati in Europa”. Né le politiche di austerità né le risorse dei
bilanci nazionali sono sufficienti a rilan! ciare l92economia, che è integrata a

livello europeo.

Occorre quindi un piano europeo di sviluppo sostenibile finanziato da risorse

proprie da reperire attraverso la tassa sulle transazioni finanziarie e la

Carbon tax sulle emissioni di CO2.

Usiamo la parola “sviluppo” e non crescita perché non è l’aumento dei consumi

da perseguire, ma il miglioramento della qualità della vita.

Il reperimento delle risorse è il tema più difficile da affrontare date le

opposizioni di alcuni paesi all’aumento del bilancio della UE. Per questo

occorre superare il sistema di voto che prevede il veto e si può ipotizzare un

budget separato della zona Euro e questo impone una modifica dei trattati ed

una riforma istituzionale.

L’euroscetticismo dilagante si combatte non a parole ma con concrete

iniziative per lo sviluppo.

Breve sintesi degli interventi

Andrea Mone, responsabile del Coordinamento politiche europee CISL, ha

affermato che occorre superare l’approccio intergovernativo e rilanciare il

modello sociale europeo. Il pregio di questa proposta sta nell’indicazione

concreta delle forme di finanziamento.

Stefano Tassinari vice presidente nazionale ACLI : la crisi non è solo

economica ma politica, c’è un problema di governance internazionale. Non si

esce dalla crisi con le stesse ricette che a questa crisi hanno portato. Il

contributo della Tobin Tax dovrà essere utilizzato dall’Europa e non dai

singoli Stati. La spinta dei cittadini è utile per cambiare il tipo di

governante dell’Europa.

Andrea Costi responsabile ambiente UIL nazionale . Le organizzazioni sindacali

non possono non sostenere iniziative come queste che puntano allo sviluppo

sostenibile. Questa ICE è un valido strumento per sviluppare la green economy.

Raffaella Bolini responsabile internazionale ARCI : L’ARCI mette a

disposizione la propria struttura per la raccolta delle firme. Per! fino Oba ma

indica investimenti pubblici e una conversione ecologica dell’economia per

uscire dalla crisi. Il Parlamento Europeo, che ha contestato la riduzione del

bilancio dell’Unione ha bisogno dell’appoggio dei cittadini. Significativo e

positivo il fatto che il primo comitato per questa ICE si sia costituito nelle

scorse settimane in Grecia.

Maurizio Gubbiotti coordinatore nazionale Lega Ambiente. La campagna

elettorale è passata dal tormentone “ce lo chiede l’Europa” al totale silenzio

sull’impegno e sulle politiche europee, come c’è silenzio sulle tematiche

ambientali. Dobbiamo ripartire da iniziative come l’ICE sullo sviluppo

sostenibile, perché c’è bisogno di Europa proprio per affrontare i temi dello

sviluppo e dell’ambiente, e l’Europa può fare la differenza.

Giulia Barbucci segretariato Europa CGIL. La CGIL nella sua Conferenza di

programma ha indicato obiettivi identici, che sono indicati anche nel “social

compact” proposto dal sindacato europeo ETUC/CES, la cui segretaria generale

Bernadette Ségol appoggia espressamente questo piano.

Gabriele Panizzi vice presidente AICCRE . L’attuale ICE ripropone quella

spinta dal basso che rappresenta il motivo ispiratore delle iniziative

federaliste da Spinelli in poi. Va coinvolto il Comitato delle Regioni e l’

AICCRE opererà per questo.

Ludovica Ioppolo Gruppo Abele LIBERA-FLARE . Lottare contro le

organizzazioni criminali, che è il compito della nostra organizzazione,

presuppone uno sviluppo che dia speranza e coraggio alle fasce deboli della

popolazione.

Stefano Milia segretario CIME. Il Movimento Europeo da tempo cerca di

promuovere lo strumento ICE come forma di partecipazione popolare alla

dimensione democratica dell’Europa. Il lancio di questa e di altre iniziative

contribuirà a promuovere una maggiore partecipazione dei cittadini alle

elezioni europee del 2014.

Lorenzo Marsi! li Diret tore European Alternatives : European Alternatives ha

già lanciato un’altra ICE sulla libertà dei media e sostiene anche questa : lo

strumento ICE è un percorso difficile ma essenziale per creare l’Europa

democratica che ancora non c’è. Importante sarà anche la battaglia per il

bilancio europeo che il Parlamento Europeo si accinge a fare. Importante in

questa ICE è che non grava sui contributi dei singoli Stati ma su risorse

proprie, quindi non contraddice la necessità di ridurre i disavanzi nazionali.

Al seguente link la foto di un momento della conferenza stampa: http://www.

flickr.com/photos/13121571@N05/8465098090/in/photostream

Blog: http://eci-sviluppoeoccupazioneineuropa.blogspot.it/

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COME SI E’ ARTICOLATA L’AZIONE PER L’ICE

Per un Piano europeo straordinario di sviluppo sostenibile

Il Trattato di Lisbona prevede che un milione di cittadini di almeno 7 paesi dell’UE possano presentare alla Commissione europea un atto legislativo, una legge di iniziativa popolare.

Il testo di un’Iniziativa dei Cittadini Europei (ICE) deve essere composto da due parti. Il testo vero e proprio che deve rispettare vincoli e criteri imposti dalla Commissione europea per l’ammissibilità (titoli, sottotitoli, numero di caratteri per ogni parte del testo ecc.), mentre il documento di accompagnamento permette di illustrare più nel dettaglio la proposta.

 

Il MFE, al Congresso di Gorizia, ha deciso di sfruttare tale opportunità e attivare questa forma di partecipazione democratica a livello europeo per chiedere all’Europa, di rilanciare l’economia, lo sviluppo e l’occupazione, indicando anche i mezzi di finanziamento necessari. Alla base di questa decisione stava la constatazione dell’impotenza degli stati nazionali europei, singolarmente presi, a avviare uno sviluppo sostenibile e la convinzione che le misure di risanamento, richieste dall’Unione europea, dovessero essere accompagnate da concomitanti misure europee volte alla crescita e all’occupazione “stabile e di qualità”. L’ICE è dunque stata intesa dal MFE  come veicolo per riconquistare il consenso dei cittadini verso le istituzioni europee e per combattere i segni inquietanti di un crescente nazionalismo e populismo.

Considerati i limiti delle politiche di austerità finora sperimentate, questa è sembrata  essere la via maestra per uscire dalla crisi: un’Iniziativa dei Cittadini Europei per riavviare l’economia e l’occupazione; un’azione sorretta da un movimento dal basso che indicasse alle istituzioni europee proposte concrete.

L’aspetto innovativo della nostra proposta sta nell’aver indicato i mezzi di finanziamento: nuove “risorse proprie”del bilancio europeo, provenienti da una tassa sulle transazioni finanziarie – necessaria a penalizzare la speculazione finanziaria – una carbon tax – per combattere i cambiamenti climatici e favorire la transizione verso le energie rinnovabili – e da euro-obbligazioni, in particolare euro project bonds.

Questa proposta può contribuire a mettere in evidenza la necessità che l’Europa proceda con urgenza ad una profonda riforma istituzionale, e completando il disegno dei padri fondatori per la Federazione, colmi il deficit democratico e le dia legittimità, poteri e risorse per agire.

 

Il MFE ha dunque elaborato una prima bozza di testo e di documento di accompagnamento di un’ICE Per un Piano europeo straordinario di sviluppo sostenibile che è stata sottoposta al pubblico dibattito e al confronto con le forze economiche, politiche e sociali chiedendone la condivisione. L’operazione, che ha preso l’avvio in Italia per estendersi in seguito ad altri paesi dell’Unione europea, ha avuto consensi crescenti.

In Italia a livello locale e regionale sono nati circa 15  Comitati promotori per la Federazione europea. Al Comitato promotore di Torino per la Federazione europea e per un Piano europeo straordinario di sviluppo sostenibile, ad esempio, hanno aderito mplte importanti organizzazioni (Ab-Imis, ACLI, ACMOS, AEDE, AICCRE, ARCI, ASEGE, Centro studi Paralleli, Centro studi Sereno Regis, CESI, CGIL-Torino-Piemonte, CISLTorino-Piemonte, Federmanager, FIDAPA, FLARE, Forum Associazioni Insegnanti, GFE-To, GFE-Piemonte, Giovani Democratici Torino-Piemonte, Giustizia e Libertà, Gruppo Abele-Libera, IDV Torino-Piemonte, Ist. Studi Storici G. Salvemini, Lega-COOP, MFE-Torino-Piemonte, Partito radicale Torino-Piemonte, PDL-PPE, SAVT Valle d’Aosta, SIOI, Tavola della Pace, UDC-giovani, UDCTorino-Piemonte, UIL-Torino-Piemonte, UIL-Valle dAosta).

A livello italiano sono giunte le adesioni ufficiali di CGIL, CISL, UIL, ARCI, ACLI-FAI, LIBERA-FLARE, ASEGE, AICCRE, ANCI, Tavola della Pace, giovani democratici, Ecosy, FIDAPA ecc.

Il 22 gennaio è avvenuto un incontro tra il MFE, la GFE, l’AICCRE e il sindaco di Torino Piero Fassino che si è impegnato, una volta costituito il comitato italiano, a promuovere una rete di grandi città europee per farle aderire all’ICE. A breve sarà costituito il comitato promotore italiano.

Le Associazioni che hanno una rete europea, Flare/Libera, FAI-ACLI, ARCI, Ecosy ecc., hanno segnalato alle loro reti europee l’iniziativa invitandole ad aderire ai comitati nazionali.

Considerato l’oggetto dell’ICE sindacati, città, Organizzazioni della società civile insieme ai federalisti europei sono i naturali promotori dell’iniziativa.

Fin dal primo momento è stato richiesto che fossero i federalisti sia a livello nazionale che europeo a farsi carico, come forza super partes, del coordinamento dell’azione e così è avvenuto in Francia (la maggioranza dei federalisti francesi si sono impegnati a promuovere l’ICE), Spagna, Grecia (il Comitato greco si è costituito il 22 gennaio scorso), Belgio.

A livello europeo si stanno dunque costituendo i Comitati promotori in Grecia, Spagna, Belgio, Francia, Romania, Lussemburgo. Il 24 gennaio è avvenuto un incontro tra il Presidente MFE Lucio Levi e il Segretario generale del sindacato europeo CES-ETUC Bernadette Ségol che ha dichiarato di condividere gli obiettivi dell’ICE e si è impegnata a diffondere il progetto presso i propri affiliati, invitandoli ad aderire. La CISL sta lavorando alla preparazione di un incontro a Parigi con la CFDT e Notre Europe con l’ambizione di chiedere a Jacques Delors di presiedere il Comitato europeo.

 

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Programma provvisorio XXVI_01_12_13

01_12_13_Domande_Candidat_def

 

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